NIENTE CONDANNA SE IL MINORE NON FU SENTITO IN DIBATTIMENTO COME CONTROPROVA CHIESTA DALL’ IMPUTATO(Cass. pen., sent. n. 1666 del 24.11.2014)di Valeria Scavuzzo, sede di Palermo 

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La Suprema Corte ha stabilito che l’ammissione alla prova contraria, garantita all’imputato a seguito di integrazione probatoria disposta d’ufficio ex art. 507 c.p.p., può essere denegata solo sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 190 c.p.p. Di conseguenza, il giudice di appello dinnanzi al quale sia dedotta la violazione del suddetto principio, non può avvalersi dei poteri discrezionali di cui all’art. 603 c.p.p., trattandosi di prove non sopravvenute al giudizio di primo grado. Con riferimento ai criteri di cui all’art. 190 c.p.p. la Corte ha precisato come tra questi non vi rientri la valutazione di inattendibilità della testimonianza, in quanto riservata al successivo momento dell’apprezzamento del risultato probatorio e, dunque, non adducibile quale criterio di diniego della prova.