INCORRE IN RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE L’AVVOCATO CHE NON DISSUADE IL CLIENTE DAL PROMUOVERE UNA CAUSA TOTALMENTE INFONDATA(Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 12 maggio 2016 n. 9695)di Sabrina Saba

Condividi su facebook Tweet Condividi via email
La Corte di Cassazione con la sentenza in epigrafe ha rigettato il ricorso promosso dall’avvocato contro la sentenza di secondo grado per confermare la decisione dei Giudici d’appello in merito alla sussistenza dell’inadempimento professionale del legale per avere patrocinato una causa totalmente priva di giuridico fondamento. In particolare la Suprema Corte evidenzia che per andare esente da responsabilità l’avvocato avrebbe dovuto dimostrare di avere adempiuto al proprio dovere di dissuasione dal promuovere una azione palesemente infondata e che la causa era stata introdotta a seguito della “irremovibile iniziativa” della sua assistita al solo fine di sollecitare una transazione con la controparte. Gli Ermellini inoltre ritengono priva di rilevanza giuridica la dichiarazione sottoscritta dal cliente con la formula di «non avere nulla da pretendere» nei confronti dell’avvocato quale rinuncia ad agire per l’eventuale inadempimento del difensore. La Suprema Corte specifica infatti che tale espressione generica non può essere interpretata come rinuncia da parte del cliente a promuovere una eventuale azione di responsabilità contro il legale.