Le Sezioni Unite si pronunciano sui trasferimenti immobiliari pattuiti nell’ambito degli accordi per separazione consensuale e divorzio congiunto. Cass. SS.UU., sent. 29 Luglio 2021, n. 21761 di Maddalena Petronelli.

Condividi su facebook Tweet Condividi via email

La possibilità per le parti di inserire, nell’ambito degli accordi volti alla risoluzione della crisi coniugale, pattuizioni con le quali disporre trasferimenti immobiliari, nonché la valenza da attribuire alle stesse rappresenta una questione assai dibattuta, sia in dottrina che in giurisprudenza, a cui sono state date nel tempo soluzioni differenti tra loro.

Con riferimento al primo dei menzionati aspetti, va detto che, ad autori che, in maniera restrittiva, escludono la possibilità di inserire, in sede di accordi per separazione consensuale o divorzio, pattuizioni ulteriori rispetto al contenuto c.d. necessario, si contrappone la tesi di chi, invece, in maniera più estensiva, ritiene validi gli accordi traslativi assunti in detta sede, in quanto finalizzati ad agevolare la risoluzione del conflitto familiare, evitando ipotesi di ripensamento.

Anche la giurisprudenza ha riconosciuto ai coniugi la possibilità di prevedere l’inserimento di pattuizioni volte al compimento di attribuzioni di tipo traslative, da intendersi come trasferimenti di beni mobili o immobili, cessioni di danaro, costituzione di diritti reali di godimento, ovvero cessioni di beni da un coniuge a favore dei creditori dell’altro (Cass., n. 27409/2019; Cass., n. 10443/2019).

Si tratta di accordi considerati conformi ai principi inderogabili dell’ordinamento, trattandosi di pattuizioni che incidono unicamente sulle modalità di adempimento di una prestazione dovuta, quale quella alimentare, rispetto alla quale assumono funzione solutoria, e compensativa (Cass. n. 21839/2019; Trib. Ascoli Piceno, 11.01.2017).

Molto più problematica è, invece, la riposta da fornire al secondo dei quesiti innanzi citati, ossia alla natura e alla valenza da attribuire a detti trasferimenti.

La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sulla questione, evidenziando l’indifferenza delle modalità di trasferimento del bene, pur privilegiando quelle soluzioni in cui il trasferimento avvenga in maniera immediata, così da consentire alle parti di chiudere più celermente la situazione di crisi coniugale (Cass., n. 15780/2010; Cass. n. 8516/2006; Cass. n. 11914/2008).

Su posizioni contrapposte si è, invece, espressa la giurisprudenza di merito, nel cui ambito si sono formati diversi orientamenti.

In alcune pronunce, infatti, alle pattuizioni in esame, qualora inserite nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice, è stata attribuita la forma di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c., e, ove implichino il trasferimento di diritti reali immobiliari, a seguito dell’omologa, anche titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c. (Trib. Roma, 31.10.2011; Trib. Salerno 4.7.2006).

A tali decisioni se ne contrappongono altre in cui ne è stata riconosciuta  mera efficacia obbligatoria, con conseguente necessità di provvedere, con successivo atto pubblico, all’attuazione del trasferimento ivi previsto (Trib. Milano, 21.05.2013; Trib. Milano 6.12.2009); da qui la necessità per le parti di ricorrere, nella redazione di tale tipo di accordi, alla tecnica obbligatoria e non a quella dell’efficacia reale, pena la possibile vanificazione dello strumento di tutela prescelto e, comunque, ferma restando la possibilità di ricorrere all’azione prevista dall’art. 2932 c.c.

L’assenza di un orientamento univoco su una questione ritenuta di estrema e particolare importanza, ha indotto la Suprema Corte, con pronuncia del 10 febbraio 2020, n. 3089, a rimettere la risoluzione della problematica alle Sezioni Unite, che con sentenza n. 21761 del 29 luglio 2021 hanno definito il contrasto insorto sul punto affermando che “le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio (che, rispetto alle pattuizioni relative alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa) ovvero dopo l’omologazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., presupponendo la validità dei trasferimenti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiamo prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, mentre non produce la nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica soggettiva circa l’intestatario catastale dei beni e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.