GIORNATA NAZIONALE CONTRO BULLISMO E CYBERBULLISMO: IL DIRITTO DI EDUCARE AI DIRITTI

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Gli episodi di violenza dei più forti nei confronti dei soggetti più deboli, diversi o fragili, non sono una novità anche nel mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, ma hanno assunto nella società attuale nuove forme di pervasività e modalità brutali. Le prime dovute all’utilizzo degli strumenti informatici, le seconde rappresentano il portato degli atteggiamenti e dei linguaggi d’odio sempre più diffusi e di cui, soprattutto con l’uso dei “social”, si rende protagonista anche il mondo degli adulti.

Secondo l’Istat più del 50% degli intervistati 11-17enni riferisce di essere rimasto vittima di un qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento. Quasi uno su cinque (19,8%) dichiara di aver subìto azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese. In circa la metà di questi casi (9,1%) una o più volte a settimana. Le ragazze presentano una percentuale di vittimizzazione superiore rispetto ai ragazzi. A livello territoriale le azioni vessatorie nel Nord del Paese sono più frequenti, così come tra i ragazzi che vivono in zone disagiate.

Per quanto concerne il cyberbullismo bisogna partire dal presupposto che l’85,8% dei ragazzi tra 11 e 17 anni utilizza quotidianamente il cellulare. Il 72% di questi “naviga” tutti i giorni. Il cyberbullismo ha colpito il 22,2% di tutte le vittime di bullismo. Anche qui le ragazze risultano oggetto di vessazioni maggiori rispetto ai ragazzi ed inoltre più si è giovani, più si è esposti. Bullismo e cyberbullismo tendono spesso a colpire gli stessi ragazzi: tra quanti hanno riportato di aver subìto azioni offensive attraverso i nuovi canali comunicativi una o più volte al mese, ben l’88% ha subìto vessazioni anche in altri contesti sociali.

La legge 71/2017 ha introdotto nuovi strumenti di contrasto, ma alcuni di questi suscitano perplessità. In particolare l’ammonimento del questore, che riguarda peraltro i minorenni imputabili, e cioè dai 14 anni in su. Cammino nel corso dell’audizione del 18 gennaio 2016 propose, insieme ad altri autorevoli esponenti del mondo della giustizia minorile, l’adeguamento del cosiddetto “Procedimento amministrativo”, previsto dagli art. 25 e sgg. Del RD 1404/1934. Si tratta di un evergreen che proprio in questi casi potrebbe risultare molto utile, avviando un processo di sostegno educativo del quale, insieme al giudice e ai servizi sociali, sono protagonisti i ragazzi (anche infraquattordicenni e ultradiciottenni) insieme alle loro famiglie.

Queste ultime spesso tardano a rendersi conto del problema anche perché le vittime non sempre rendono partecipi i genitori delle sevizie cui sono sottoposte. Ciò avviene sia a causa della paura di non essere compresi, sia per evitare una denuncia che, secondo la vittima, comporterebbe, da parte dei “bulli”, un incremento delle vessazioni una volta conosciuta. D’altra parte, i genitori degli autori di tali comportamenti spesso minimizzano e non sono consapevoli delle loro responsabilità educative. Infine, i genitori degli “spettatori” che, a dispetto della definizione, sono spesso co-protagonisti degli atti di bullismo, si autoassolvono così come giustificano i loro figli.

E tutto ciò mentre l’incontenibile pervasività delle ingiurie si propaga via internet ad una serie indeterminata ed indeterminabile di soggetti, che a loro volta diffondono immagini e commenti con un effetto devastante. Afferma Maria Giovanna Ruo, presidente di Cammino: “Sarebbe opportuna, se non necessaria, una significativa riflessione, sulle nuove esigenze del ruolo educativo e sul “Diritto di educare ai diritti” magari seguita da una riforma, sulle modalità di intervento e sulla efficacia dissuasiva, a 3 anni dall’entrata in vigore, della legge 71/17”. Anche di questo Cammino è stata anticipatrice nel congresso svoltosi a Reggio Calabria di cui stanno per essere pubblicati gli atti.

 

Eugenio Russo
Ufficio Stampa Nazionale
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